(www.lapiazzadiscanno.it)

 
 
 
Scamnum – Scanno   (di Orazio Di Bartolo)

Vari cultori della nostra historia patria si sono cimentati nella ricerca dell’etimologia di “Scanno”; uno dei primi fu quello “esotico” di far risalire il nome alla colonizzazione di un popolo proveniente da una località sul Mar Rosso, “Macua Scamnos”; Wikipedia invece riporta la bizzarra idea che deriva da scandalo e scannella, una varietà rustica di orzo; altri, molto più concreti, vedono una possibile derivazione da una parola che indicava il confine nella centuriazione romana. Scamnum era un termine tecnico usato dagli agrimensori romani sulle vaste pianure per delimitare i terreni agricoli e non dei monti, di certo non un nome usato dai pastori per denominare un ottimo pascolo ricco di acque.

Scamnum in latino significa sgabello e molti sono concordi che esso sia la forma del colle dove è situato; Wikipedia aggiunge anche che somiglia a una panca…

Con l’aiuto di fotoshop ho “riportato indietro nel tempo” una vecchia foto ottocentesca di Pietro di Rienzo; la considero la più antica in quanto non ci sono i terrazzamenti dell’inizio del ‘900 e i frutteti nel colle di Cardella; …a proposito, il nome di quel colle e' stato dato dal popolo, e deriva dall’arco di Cardella che era situato a fianco del vecchio campanile della Madonna del Carmine; da lì si aveva un’ottima visuale del colle; quel nome non è riportato da nessuna carta topografica. Quindi è il popolo che dà i nomi ai luoghi e non gli agrimensori (come Fractura, Iovis Ara, Villa de Lacu, Valle Cupa, ecc.).

Da quella foto, eliminato l’insediamento urbano, non rimane altro che un poggio roccioso; non sembra affatto uno sgabello.

Tutto il territorio attorno non era altro che un pascolo, anzi… un ottimo pascolo ricco di acque. Ho immaginato l’ara de ju fiume pieno d’acqua, non perché fosse la riva sud del lago ma per il fatto che tutte le bonifiche sono state fatte nell’800. Il Tasso, il Carapale e tutti i ruscelli dilagavano in quella pianura formando dei laghi stagionali come il Cupaglione e il lago Lucido nel territorio di Villalago; per il resto dell’anno doveva essere un acquitrino.

Duemila anni fa il nostro territorio era una bella vallata con greggi e pastori, sia sanniti che coloni romani; entrambi avevano come protettore il nume Ercole e non potevano che avere un suo tempio in cima all’altura.

Ercole era una delle più importanti figure che hanno influenzato la religione dell’Italia, ma soprattutto dell’Abruzzo nel periodo greco-romano. Egli era un semidio figlio del grande Giove e della mortale Alcmena. Il suo culto deriva dalle popolazioni greche agli etruschi, fino ai popoli italici. Era l’eroe nazionale delle tribù sannitiche, venerato in santuari grandiosi come quello di Sulmona o in quelli rurali vicini ai grandi pascoli.

Sia nel tempio di Sulmona che nella riva destra del Carapale, sono stati ritrovati ex voto di bronzo raffigurante il dio. Anche altri in terracotta rappresentanti animali; essi venivano donati al santuario dalle famiglie che non potevano permettersi animali veri. Infatti il culto si basava anche sul sacrificio dell’animale; il sangue andava al dio mentre la carne veniva cotta e mangiata.

L’arrivo dei romani confermò il culto del dio, integrando e migliorando i luoghi sacri. Il culto di Ercole a Roma era al Foro Boario, punto di arrivo del tratturo proveniente dai nostri territori. Lungo quella via costruirono numerosi santuari a protezione della transumanza. Sorsero anche floride città come Tibur (Tivoli) e Alba Fucens con maestosi templi a lui dedicati. Quel tratturo divenne poi la Tiburtino–Valeria.

Le prime versioni di Ercole dei popoli italici era molto grezza, poi venne sostituita dai romani con quella greca, ed era visto come dio–eroe.

La decadenza inizia nel III secolo d.c. e si accentua nel IV secolo. L’avvento dei cristiani smantella gli antichi templi dei loro padri e distrugge gli idoli pagani; nelle città si demoliscono anche le statue pubbliche degli imperatori pagani; a Roma si salva solo quella di Marco Aurelio pensando che fosse del cristiano Costantino.

Nei secoli successivi molti templi diventano chiese; in Abruzzo quasi tutti i santuari di Ercole furono dedicati a San Michele Arcangelo che ne eredita l’iconografia canonica di guerriero combattente, quello del nostro territorio a Sant’Eustachio, forse voluto da qualche ricco colono romano per onorare il suo concittadino martire. La loro presenza è testimoniata da alcune loro lapidi ritrovate nel territorio circostante.

Ma cosa rimane di quel tempio rurale su quel poggio roccioso? Nient’altro che ruderi e la statua a pezzi dell’idolo pagano. Com’era fatto? Ovviamente non lo sappiamo ma non poteva che essere simile a quei manufatti archeologici ritrovati in altri ex santuari del nume protettore delle greggi. Quasi tutti erano seduti su uno scamnum, come la emblematica e notevole statua di Ercole ritrovata ad Alba Fucens posta all’entrata del museo di Chieti; nella mano sinistra, aveva una ciotola con del sale, elemento importante dei pastori. Il suo scamnun era scolpito su una roccia affiorante all’interno del suo tempio.

 Il panchetto di pietra, (lo scamnum), del nostro decaduto protettore di greggi, doveva essere scolpito all’estremità rocciosa dell’altura ed è rimasto lì dando il nome al territorio, fino a quando non gli fu edificata su la prima chiesa di Sant’Eustachio.

Il pascolo dello Scamnum doveva essere sicuramente il più ambito dagli armamentari.

Poi arrivarono i barbari che distruggevano e ammazzavano e i nostri antenati furono costretti ad arroccarsi lassù; viene costruito il primo borgo fortificato e …la storia continua.

Di Bartolo Orazio

 

P.S.  Ovviamente lo scamnun dove era seduto l’idolo pagano e' una mia deduzione dopo aver letto articoli, ricerche e libri di autorevoli studiosi e archeologi a cui va tutta la mia ammirazione per la loro competenza. Ne segnalo alcuni semmai qualcuno volesse approfondire il culto di Ercole nel nostro territorio: “Il culto di Ercole tra Sanniti, Pentri e Frentani; Verso la romanizzazione del Sannio, entrambi di Angela De Niro. Quaderni di Archeologia d’Abruzzo, in modo particolare quello del 2/2010, quest’ultimi si possono scaricare da internet; e poi un resoconto dell’archeologo Daniele Mancini su Alba Fucens; una interessante relazione del docente universitario Alessandro Bencivenga di Sulmona intitolata “Luoghi, tempi e modi del culto di Ercole tra i Peligni” dove in una lista di santuari di Ercole vi è anche quello …di Scanno! Non da meno è un interessante articolo sulla Foce di Francesca Romana Del Fattore della relazione degli scavi archeologici al Giardino di qualche anno fa; in alcune righe supponeva…”il ritrovamento di statuine in bronzo raffiguranti Ercole, …fanno ipotizzare in zona la presenza di un piccolo luogo di culto dedicato a questa divinità, …in luogo dominante al confine tra il territorio tra i Peligni e la regione dei Sanniti Peltri…”.

 
 
Lo sapevate che...(114)
 

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